Dal biscione alla zebra: il triplete può cambiare gabbia
Sono passati sette lunghi anni dall’impresa dell’Inter di Mourinho al Santiago Bernabeu: fu la notte del 22 maggio, quando il 22 di Milito timbrò per 2 volte la porta del Bayern Monaco rendendo i nerazzurri la prima società italiana nella storia capace di vincere Champions, Scudetto e Coppa Italia nella stessa stagione.
Oggi per la prima volta sembra che una nuova squadra italiana abbia tutte le carte in regola per replicare una simile impresa, la Juventus di Allegri. Le differenze ed analogie fra le due formazioni non mancano, a partire dal manico per finire al parco giocatori, sia dal punto di vista tattico quanto tecnico.
La prima grande somiglianza fra le due società sta appunto nella parte dirigenziale, una conduzione familiare definitivamente abbandonata da Moratti nel 2013 ma che rese possibile quell’impresa nella notte di Madrid. Lui, Oriali e Branca firmarono una stagione memorabile, come quest’anno proveranno a fare Agnelli, Marotta e Nedved.
I due allenatori sono speculari soprattutto in un aspetto, fondamentale per allenare una rosa di grandi giocatori: la gestione dello spogliatoio. Allegri ha saputo far sentire tutti i giocatori importanti, anche quelli dal più basso minutaggio: in questo lo Special è un maestro, come dimostrarono le celebri lacrime di Materazzi all’uscita del Bernabeu nell’ultimo saluto al portoghese già promesso sposo madrileno. Il tecnico toscano ha saputo dare fiducia ad ogni singolo elemento del proprio gruppo, escludere dall’undici titolare delle bandiere come Barzagli e Marchisio e rinnovare tatticamente l’undici in campo.
Qui la maggiore delle analogie fra le due squadre, l’impianto tattico. Così come la svolta sulla strada della leggenda per l’Inter targata 2010 fu il passaggio dal rombo di centrocampo al 4-2-3-1, lo stesso è avvenuto nel corso della stagione bianconera. Allegri ha definitivamente abbandonato la difesa a tre e i cinque di centrocampo riproponendo il medesimo modulo che oggi vede nella Vecchia Signora un’armata quasi invincibile. Zero gol subiti dall’attacco più forte del mondo è roba non da tutti, forse per nessuno.
In ultima analisi, la capacità di mettere al centro del progetto giocatori totalmente reinventati in ruolo non propri. Per far ciò è necessario una grande personalità e presa sullo spogliatoio, elementi che non mancano al conte Max. Il paragone Mandzukic-Eto’o è l’emblema del paragone fra le due squadre: due attaccanti di razza che alla soglia dei trent’anni si sono riscoperti esterni offensivi e, all’occorrenza, terzini. Con umiltà, sacrificio ed abnegazione non tipica di chi ha vinto tutto nella propria lunga carriera.
Per la Juventus almeno uno dei tre titoli è garantito, seppur non matematicamente, ma gli 8 punti di vantaggio consentono già di festeggiare virtualmente il sesto storico Scudetto consecutivo. Con la finale di Coppa Italia già assicurata contro la Lazio, partita secca ma in cui ovviamente partono favoriti i bianconeri, toccherà prestare grande attenzione alla semifinale di Champions col Monaco. Avversario imprevisto ed imprevedibile, capace di entusiasmare sia in Francia che Europa a suon di baby fenomeni.
Poi, la finale di Cardiff eventuale, sarà tutta un’altra storia.
Orazio Rotunno