Oggi prenderò spunto dalle mie umili esperienze sportive per raccontarvi le dinamiche psicologiche di una finale, l’atto conclusivo di una lunga ed estenuante cavalcata che caratterizza la stagione delle due squadre più forti del torneo.

Dopo un primo tempo giocato ad armi pari, la pausa negli spogliatoi del Millenium Stadium ha restituito la controfigura della Juventus, una squadra che fino al 46° minuto di Cardiff era stata capace di demolire tutti i suoi avversari incontrati in questa stagione da incorniciare.

Improvvisamente i giocatori bianconeri sono entrati in una fase di panico e si sono lasciati schiacciare dalla propulsione offensiva della corazzata madrilena. La bordata fortunosa di Casemiro ha inflitto al flebile stato emotivo dei giocatori bianconeri il colpo di grazia.

Per alzare al cielo la terza Champions sarebbe servita la partita perfetta, novanta minuti senza errori, novanta minuti in cui ciascun giocatore chiamato in causa da Massimiliano Allegri avrebbe dovuto superarsi. Non è stato così. Non è stato così perché quando sei in difficoltà hai bisogno dell’aiuto dei compagni, di quel effetto empatico che ti permette di reagire all’avversità. Non è stato così perché vedendo la tua squadra soccombere alla forza dell’avversario, diventi molle, debole e meno forte rispetto ai momenti di esaltazione agonistica che hanno riportato la Juve nel gotha del calcio europeo. Quando cerchi di riemergere dalle difficoltà guardi negli occhi i tuoi compagni di squadra cercando di attingere quelle risorse utili per reagire e cercare di riportare il trend del match dalla tua parte. Ieri notte nessuno ha avuto la forza psicologica per ridestare i compagni dal torpore e dall’immobilismo, tutti cercavano disperatamente un leader, ma nessuno nella squadra di Massimiliano Allegri può considerarsi tale, nemmeno l’icona Buffon.

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Competere contro una rosa favolosa come quella del Real Madrid è un compito arduo, e come scrivevo ieri su Facebook richiede la perfezione assoluta e una buona dose di fortuna negli episodi. Ieri non è stato così ed è giusto rendere onore alla squadra più forte dell’ultimo lustro, una macchina perfetta nelle finali, una corazzata guidata da uno dei giocatori più forti della storia moderna, semplicemente una squadra nettamente più forte.

Massimiliano Riverso