La vita di San Paolo apostolo cambiò per sempre un bel giorno sulla via di Damasco, quando folgorato dal Signore decise di convertirsi ai sentieri della giustizia. Paulo Dybala, ormai venerato come un santo dal popolo bianconero, sta vivendo qualcosa di molto simile. Un cambiamento meno repentino, più graduale, ma comunque decisivo, che sta convertendo la Joya da grande giocatore a definitivo top player. Folgorato dal dio del calcio, il nuovo San Paulo è uno dei fari della Juventus sulla via di Cardiff.

LA STOFFA DEL CAMPIONE

Quella della Juventus sembra, a conti fatti, una strada segnata verso la Finale di Champions League. Luoghi comuni a parte (serve concentrazione, c’è ancora il ritorno, guai a sottovalutare gli avversari), i bianconeri -diciamocelo- sono con un piede e mezzo abbondante al Millennium Stadium.

La prestazione di ieri sera contro il Monaco è stata una di quelle da incorniciare. Basti pensare che a fine partita si faceva fatica ad eleggere un migliore in campo: Buffon? Dani Alves? Higuain? La verità è che è stata una vittoria di squadra, di grande squadra. Un collettivo d’impatto mastodontico che ha fatto passare (a tratti) inosservata l’ennesima grande prova di Dybala.

Lasciate perdere i paragoni, alcuni francamente eretici. Fanno male al calcio e ai calciatori. Non servono quelli per capire quanto Paulo stia diventando sempre più un giocatore di classe, un leader concreto e mai evanescente, un singolo di spicco al servizio del gruppo. In una sola parola, un campione.

LE QUATTRO LETTERE DEL SANTO 

Abbiamo selezionato quattro momenti della partita dell’argentino che ne sanciscono la prestazione sopra le righe e che dimostrano quanto sia imprescindibile nell’economia del gioco bianconero.

Primo per ordine di stupore, il tacco volante che da il via all’azione dell’1-0 di Higuain. Un tocco prezioso, scaltro, intelligente che corrisponde in pieno ai canoni del key pass. Con un solo gesto, Dybala riesce ad aprire il campo alla ripartenza bianconera, in una zona di campo complicata e con disarmante facilità.

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In secundis, il tunnel a Sidibè pochi minuti dopo l’1-0. Medesimo fazzoletto di campo, chiuso in tutti i lati del campo, Dybala si inventa una giocata, ancora una volta con un solo tocco, che manda al bar il diretto avversario e -di nuovo- da aria alla manovra dei suoi.

Terzo, il recupero palla in occasione del 2-0. Dybala dimostra, in questo caso, altre qualità oltre a quelle puramente tecniche. E’ tosto, uno che “quando corre porta via l’erba” (cit.Gattuso), uno che ha fame e cattiveria agonistica. In società con il prodigio di serata Dani Alves, scippa il pallone, resiste a una carica e serve il brasiliano che poi pennella per Higuain.

Ultima, non per importanza, la gestione del possesso negli ultimi quindici di gara. In particolare, il cambio campo del minuto 84. Allegri toglie il Pipita e tiene il solo Dybala in attacco. Non sa fare la punta, ma come regista avanzato gioca che è un piacere. Al suddetto minutaggio, riceve da Pjanic, si gira su se stesso e sventaglia per Alex Sandro solissimo a sinistra. Visione di gioco e lucidità.

FACCIA INCAZZOSA

In verità, ci sarebbero un quinto, un sesto, un settimo momento. Ci sarebbe, per dire, l’espressione durante l’inno della Champions: decisa, convinta, famelica. Cazzuta. Oh, ma queste espressioni al cospetto di un santo…

Il destino della Juve è segnato, quello di Dybala anche. Dopo l’ennesima, grande prova di fronte agli occhi del mondo intero.