Quando al 27esimo minuto del primo tempo di Juventus-Lazio dell’aprile 2015 un giocatore bianconero ha preso il pallone, è partito palla al piede e l’ha messa dentro dopo 30 metri di corsa, tutti hanno capito che quel campionato era appena finito. Pochi, invece, avevano capito che quel giocatore con la maglia a strisce non era un veloce esterno come Lichtesteiner, un estroso attaccante come Tevez o un dinamico centrocampista come Marchisio. No. Pochi secondi, giusto il tempo di osservare il suo numero di maglia e la sua tipica esultanza, e tutti hanno capito che si trattava di Leonardo Bonucci, che di mestiere fa il difensore centrale.
L’ascesa di Bonnie – così lo soprannominano i tifosi – verrà ricordata in futuro probabilmente come una delle più sorprendenti in assoluto. Cresciuto nelle giovanili dell’Inter, arrivò nel calcio che conta grazie al Bari di Ventura, dove faceva coppia con Ranocchia. L’anno successivo arrivò l’inaspettata chiamata della Juve. Sette stagioni dopo, durante le quali non sono mancati i momenti difficili, Bonucci non solo ha fatto ricredere tutti, ma è addirittura diventato un fattore assoluto per la Vecchia Signora, tanto da guadagnarsi a pieni voti il titolo di miglior difensore italiano.
Ecco perché:
1) Mentalità – Bonucci ha assunto, come tutta la Juve, una mentalità vincente senza precedenti. Oltre a questo, ha acquisito la predisposizione del vero leader, sia in campo che nelle dichiarazioni post-partita. L’esperienza accumulata in campo europeo ha dato una notevole svolta al suo ego, tanto che gli ha permesso di acquisire ancora maggiore sicurezza nei propri mezzi.
2) Professionalità – Non che gli altri non ce l’abbiano. Ma per arrivare dove è arrivato, Bonucci ha dovuto lavorare e sudare forse più degli altri. Le amnesie difensive, gli errori individuali, i cali di concentrazione nei quali incappava all’inizio sono un lontano ricordo. Con sudore e sacrificio il difensore viterbese ha imparato dai propri errori, ha lavorato su sè stesso e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
3) Completezza – Di difensori completi come lui in giro non se ne vedono. Bonucci è bravo nel gioco aereo, sia in attacco che in difesa; è fortissimo nel piazzamento difensivo, qualità che gli evita recuperi all’ultimo secondo nei quali (forse) potrebbe patire qualcosa con avversari più veloci; è bravo coi piedi, dote più unica che rara, e spesso e volentieri diventa un secondo regista o un attaccante aggiunto; è poco falloso, il che gli evita cartellini inutili e diffide varie (quest’anno ha giocato praticamente sempre).
4) Duttilità – Difesa a 3, a 4 o a 5. Centrale, terzo o all’occorrenza centrocampista centrale. Le prestazioni di Leo non ne risentono. Nel calcio moderno la flessibilità tattica è una delle componenti più importanti, che fa di Bonucci un punto cardine di Juve e Nazionale.
5) Assenza di alternative – Sì, triste a dirsi la nostra scuola non sforna più i Maldini, i Cannavaro o i Nesta. E allora di grandissima concorrenza, per Bonucci, non ce n’è. Questo non sminuisce il valore, comunque altissimo, del giocatore bianconero. Ma senz’altro sarebbe stato curioso vederlo al cospetto dei grandissimi summenzionati.